Cantante e beatmaker romana di origine liberiana, KARIMA 2G, ci racconta nell’intervista qui sotto, il suo nuovo EP “Malala”, il rapporto con le sue origini, con l’Italia e le elezioni 2018.
Bass music e grime con influenze afro fanno da cornice a testi che urlano addosso alle catene dell’ignoranza e del razzismo contro il quale ogni donna e uomo proveniente dall’Africa combatte ogni giorno. Pezzi che assumono la forma di filastrocche a ritmo di beat quasi a sdrammatizzare le forti denunce dei suoi testi.
E se avessimo trovato la nuova M.I.A.?
Nata e cresciuta in Italia, come ha affrontato la te bambina e poi donna in un “corpo nero”, il diventare grande in un paese come il nostro? Da piccola ero sempre la prima e unica bambina nera, ovunque mi trovassi. A scuola, in particolare, mi sentivo diversa, non perché lo volessi io: per le maestre, in quanto nera, non potevo essere italiana e, di conseguenza, dovevo essere trattata diversamente dagli altri. Questa alienazione ha generato in me una serie di domande… Poi quando il mio corpo ha iniziato a prendere forma, questa emarginazione istituzionale è divenuta un giudizio collettivo, intensificando gli stereotipi: la mia esoticità era sinonimo di ragazza facile. In seguito al colonialismo, la donna in un corpo nero viene “stereotipizzata” e “oggettificata” (spesso dalle stesse autorità e dai media). Il processo è simile a ciò che Edward Said definì “Orientalismo”, ossia l’immagine basata su stereotipi e contrapposizioni usata dall’occidentale per ingabbiare le culture orientali e affermare la propria identità suprema. La traccia “U don’t know me” parla proprio della rivalsa di una donna che ritrova il suo potere femminile e si libera da un maschio autoritario che non l’ha mai riconosciuta per quello che è realmente. Penso che questo nostro Paese mi abbia dato la possibilità di imparare molto dal mio corpo nero, che vedo come un grande tempio pieno di ricchezze. Più gli altri mi vedono diversa e più io mi sento unica.
Come è nata la tua passione per la musica? Mi è stata trasmessa da mio padre, un uomo di poche parole che ha sempre usato la musica per comunicare con i suoi figli. La musica è sempre stata presente in ogni momento, non saprei vedere una vita senza di lei. Con il tempo si è fortificata sempre di più, prima attraverso la danza e poi attraverso la voce. La passione proviene dai miei antenati, non c’è nulla che non sia mai stato fatto senza la musica. Penso che sia questo il motivo principale per il quale sento l’esigenza di condividerla con gli altri. Mi auguro che continui a essere presente anche nelle generazioni future.
Che rapporto hai con le tue radici? È un rapporto molto intenso. Sono proprio le mie radici che hanno scatenato Karima 2G. Il mio percorso artistico parte dalla loro forza. Mi hanno spinta a vedere oltre e ad abbracciare ogni forma di discriminazione. Pur essendo nata in Italia, l’Africa ha sempre comunicato con me, facendosi sentire da lontano. Penso che non sappiamo chi siamo fino a quando non veniamo a contatto con le nostre radici. Sono molo grata all’Africa, lei mi ha insegnato ad amare l’Italia e a comprendere con compassione le sue difficolta nel relazionarsi con me.
La tua musica di respiro internazionale, è ispirata dal “gqom” ed è rigorosamente cantata in “pidgin-english”, ci spieghi di cosa si tratta e il perché della tua scelta? Il gqom, in realtà, non la metto tra le mie influenze principali, è una delle tante. Di fatto mi lascio ispirare da tutto ciò che ascolto, dall’afro-worldbeat al footwork di Chicago passando per lo UK funky. L’idea di cantare in pidgin english è venuta in maniera naturale perché mi permette di dare spazio a una natura puramente polisemantica, dando un significato identitario ai miei testi.
Di che cosa parla, a chi parla e chi è “Malala”, il tuo ultimo lavoro? “Malala” parla di una donna che è finalmente sicura di sé. Una donna che si libera da ogni forma di schiavitù e che decide di non lasciarsi più sottomettere dai suoi oppressori. Il colonialismo mentale in cui era imprigionata non le permetteva di essere sé stessa e di riconoscere i suoi veri talenti. Malala, come Malala Yousafzai, per me è una guerriera, non una vittima. Forte e coraggiosa, proprio come le donne nere che appaiano nel film Black Panther. Il mio EP vorrei che arrivasse a tutte quelle donne che faticano a vedere il loro potere personale e a tutte quelle persone che vivono nella paura di non potercela fare. Attraverso “Malala” voglio dare potere anche all’africanità. In un’era di conflitti, dove l’odio è il motore principale e il nero viene emarginato, “Malala” per me è un mantra di pace.
Cosa è cambiato dal tuo primo album “2G” del 2014? Musicalmente parlando ora i beat sono afro-elettronici. Inoltre “2G” era arrivato senza che me ne rendessi conto: un bagaglio ancestrale di informazioni e suoni nati dal mio primo viaggio in Liberia che mi hanno spinta a creare qualcosa forse più grande di me. “Malala” rappresenta invece una nuova Karima 2G, più cosciente delle dinamiche relazionali che ci sono tra le sue due culture, l’Africa e l’occidente. La rabbia e il desiderio di protesta che esprimevo nel mio primo album si sono tramutate in un’affermazione. Ho voluto sperimentare, scrivendo canzoni che si allontanassero da “2G”, buttandomi in un nuovo mondo di suoni. “Malala” rappresenta un cambiamento, un nuovo percorso “afrofuturistico”.
Quali sono gli artisti italiani e non più ascoltati sulle tue playlist di Spotify? Gli artisti che sto ascoltando di più sono Clap! Clap!, la cantante francese Jain, la crew africana Negrissism’, la cantante e poetessa Akua Naru e, per finire, M.I.A, che più di tutti è la mia musa ispiratrice.
In un periodo di fermento elettorale come questo, dove il tema dell’immigrazione è al centro di quasi tutti i programmi, che cosa ti senti di chiedere all’Italia? All’Italia non mi sento di chiedere nulla, perché tanto ho capito che non è aperta all’ascolto. Piuttosto vorrei dirle che arriverà il giorno in cui sarà lei a chiedere qualcosa a me… L’immigrazione è divenuta ormai il centro di discussione non perché ci sia realmente un’emergenza ma perché ormai è uno strumento per alimentare odio e paura. La storia ci insegna che quando il sentimento nazionalista aumenta, aumentano anche le divisioni e si crea una situazione in cui i superiori siamo “noi” e “gli altri” sono gli inferiori.
Quando ti possiamo vedere live? Ancora per un po’ di tempo sarò molto concentrata sulla diffusione e promozione di questo EP digitale sul web. In ogni caso qualche apparizione dal vivo la farò, per esempio il 10 marzo suonerò alla decima edizione di FemaleCut qui a Roma.
” BUNGA BUNGA” sempre attualissima – soprattutto post Elezioni 2018.
“POLICE” – Dall’ultimo album “Malala” uscito lo scorso 9 febbraio.