Le Fate Sono Morte parlano del loro progetto su Musicraiser

Intervista ad Andrea di Le Fate Sono Morte, in fase di work in progress del loro primo album.


Eccola lì, la vita che ci sfida a credere nell’esistenza delle fate. “Io credo nelle fate: lo giuro, lo giuro” ma le fate sono morte. Disillusione sconcertante, rassegnazione nel rassegnarci. Le fate rappresentano i nostri desideri, la nostra fantasia, la magia dell’esistenza, Le Fate Sono Morte rappresentano invece una band milanese che sceglie goliardicamente un nome in linea con questi tempi incerti.

Sarebbe scontato cominciare questa intervista parlando del vostro nome, il cui significato è già chiaro a tutti. Passiamo, per contrasto, direttamente a quei piccoli successi che hanno caratterizzato la vostra formazione fino ad oggi.

Le Fate Sono Morte sono nate nel 2008 e, dopo alcuni cambi di formazione, sono arrivate alla composizione attuale: io, Andrea, alla voce e chitarra, Stefano al basso e alla chitarra e Giuseppe alla batteria, synth e tastiera. Nel 2012 siamo riusciti a registrare il nostro primo EP in seguito alla vincita di un concorso musicale di Varano Borghi. Si intitola SERIA(L)MENTE ed è composto da quattro tracce. 

Dove l’avete registrato?
A La Sauna, uno studio di registrazione di Varese. Le Fate Sono Morte è la prima canzone che abbiamo scritto tutti insieme con la formazione attuale e da cui abbiamo tratto il nostro primo video. Poi c’è Mercurio Muore, un brano dal duplice significato che parla d’amore ma soprattutto di quando si abbandona una passione e poi se ne sente la mancanza, suonare è la mia più grande passione. Sulle nostre bugie racconta la disillusione e infine la title track Seria(l)mente: “Ci siamo inventati un piano di fuga per fotter le stelle e i giorni io e lei”, da cui è stato tratto un altro video.


Di quale di queste canzoni sei più soddisfatto?
Mi piacciono tutte ma totalmente soddisfatto di nessuna. Penso ci sia ancora un margine di miglioramento da scoprire, stiamo crescendo.

Come mai due canzoni su quattro sono diventate un video?
Fosse per me farei il video di qualsiasi canzone. Quando in sala proviamo, ho già in mente l’ambientazione che dovrebbe avere il video. Credo che le immagini siano adatte a completare le canzoni. Inoltre molti dei testi che scrivo sono legati a storie realmente vissute, perciò mi diventa spontaneo accompagnarli ad immagini. Il problema è trovare sempre qualcuno che ci aiuti con le riprese.

Avete avviato una campagna su Musicraiser che dovrà servire d’aiuto per registrare il vostro primo album “La nostra piccola rivoluzione”.
Abbiamo più di dieci pezzi già pronti e vogliamo riuscire a farne un album, sono tutte canzoni che abbiamo creato negli ultimi anni. “La nostra piccola rivoluzione” è un titolo con varie sfaccettature: si riferisce sia ai piccoli cambiamenti di ogni giorno, che partono in primis da se stessi, ma anche alle nuovo opportunità che da il digitale, come questa campagna su Musicraiser dove la “piccola rivoluzione” siete tutti voi.

Avete ricevuto un buon riscontro?
La campagna è in fase conclusionale e abbiamo quasi raggiunto l’obbiettivo! Ci ha aiutato molta gente che ci segue un po’ da varie parti d’Italia e anche molti miei ex colleghi della Mondadori, dove ho lavorato. Abbiamo provato a rivolgerci a etichette discografiche ma nessuno ha creduto veramente nel nostro progetto, così abbiamo deciso di arrangiarci. 

Sempre più band decidono di non affidarsi ad un etichetta discografica ma di puntare di più su il Do it yourself. Non c’è il rischio di sentire, ad esempio, la mancanza di un produttore artistico competente? Non è difficile stare dietro al lavoro di promozione e booking?
Sì, è tutto molto più difficile così. Sono sempre attaccato a Facebook a cercare di promuovere la band e trovare date. Abbiamo anche fatto promozione su Rockit mettendo in prima pagina il nostro nuovo video per una settimana. Alla fine è difficile anche trovare il tempo di fare le prove con la band con cui dovremmo esercitarci almeno tre giorni alla settimana ma riusciamo, alla fine, a trovarci una sola volta. Il produttore artistico sarebbe sicuramente una persona in grado di vedere la nostra musica in modo più oggettivo rispetto a quello che possiamo fare noi, quindi ne sentiamo la mancanza. Per La storia siamo noi, ad esempio ci ha aiutato il fonico dei Punkreas Gianluca Amendolara.


Parlaci di “La nostra piccola rivoluzione”
Abbiamo all’attivo circa ventitr brani e una decina di questi sono candidati ad entrare nell’abum. Il sound è diverso, meno grunge, molto più pop. I testi parlano d’amore, soprattutto delle delusioni, della disoccupazione e della crescita, di quei settembre che ogni anno ciclicamente arrivano e fanno ricominciare la routine sociale.

Il live è sempre stato centrale per Le Fate Sono Morte, tanto che avete alle spalle centinaia di date! A Milano, ad esempio, siete stati al Rock and Roll, alle Scimmie e al Magnolia. Progetti futuri?
Abbiamo fatto moltissime date in giro per l’Italia spingendoci fino al Centro. E’ importante sia per farsi conoscere che per esprimerci appieno. I nostri prossimi obbiettivi sono Napoli, alcune date in Abruzzo,… ma vogliamo aspettare che sia uscito l’album.









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