“Come funziona la musica” di David Byrne

“Come funziona la musica” è un libro che è rimasto sulla nostra mensola per tanto tempo con il proposito di leggerlo il prima possibile ma l’impossibilità di portarselo comodamente in giro perché troppo pesante e spesso. È vero, un Kindle in questo caso avrebbe sicuramente aiutato ma, che possiamo farci, amiamo ancora i colori delle copertine che abitano la libreria del salotto. “Come funziona la musica” è nero, scritto piuttosto in grande e costoso. Se non ne avessimo sentito tanto parlare, non l’avremmo mai comprato. Qualche volta abbiamo provato ad infilarcelo in borsa per leggero la mattina sul tram ma è una costante a cui non siamo riuscite a piegarci. Poi è arrivata l’estate, e in queste giornate oziose e afose, l’abbiamo divorato. David Byrne, che non dovrebbe avere bisogno di presentazioni, sembra parlare candidamente con il lettore esprimendo i propri dubbi e i propri risultati, affrontando una carriera decennale che gli permetterebbe, in effetti, di elevarsi. Ma il fondatore dei Talking Heads resta tanto umile quanto fermo sulle proprie idee raccontando al lettore quello che lui ha vissuto, sperimentato, cercato. “I’ve been involved in music all my adult life”: così comincia per addentrarsi in tutta una serie di capitoli che possono anche essere letti singolarmente: dalla musica analogica a quella digitale, dalla performance allo studio di registrazione. Racconta di quando ha voluto avvicinare i live dei Talking Heads al teatro orientale o la sua musica ai suoni latini, passando per l’introduzione del walkman e riportando le risposte delle radio e di MTV ai loro nuovi brani. Come dice lui stesso: “Knowing how the body works doesn’t take away from the pleasure of living”.

Cattura

 

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