Quando abbiamo conosciuto i Pipers c’era un solo disco e stava arrivando “Juliet Grove”, se non ci sbagliamo avevano appena aperto a James Walsh qui a Milano. Stefano, il cantante, ci ricordava quel mix anglo italiano alla Liam Gallagher e
Francesco Sarcina ed era uscito il video di “Ask Me For a Cigarette”, un singolo in inglese che ancora adesso canticchiamo. Era un periodo che non ricordiamo particolarmente florido per la musica indie italiana. Al massimo stava cominciando a farsi conoscere Jack Savoretti. I vari Thegiornalisti, Calcutta, Iosonouncane, Cosmo, i nuovi di Teatro degli Orrori, Afterhours, Verdena, Ministri vengono dopo. Non c’era l’attenzione che c’è ora e la vera voglia di qualcosa di ben fatto.
Lasciate stare che sia nuovo o meno, basta sia fresco. E quindi forse questa fine ottobre 2016 è il momento giusto per far uscire il nuovo disco dei Pipers e per raccogliere l’attenzione che merita. La band è cresciuta, e non lo diciamo perché conosciamo Stefano che anzi, non vediamo da un po’ (e che ormai non assomiglia più a nessuno). I Pipers con questo disco raggiungono una propria quadratura sintetizzando la melodia pop e la tensione emotiva sotto il nome di “Alternaïf”. Lo ascoltiamo, fin dalle prime note di “Empty-handed” con le corde pizzicate, nel tempo che cresce in “Follow the flow”, nel folk rock di “Place in the world”, nel ritornello cantilenante di “Don’t Get Me Wrong”, per finire con l’armonica in “Caress my mind”. C’è una sensazione che ritorna in ogni canzone, malinconica e ci piacciono “My Whole Lifetime” e “Words”. Gli arrangiamenti sono curati, intervengono gli archi e il mandolino tutti ben sistemati sotto una cupola di vetro perché non sfuggano al controllo. Con “Alternaïf” i Pipers perseguono la loro strada maturata a piccole dosi, senza lasciar spazio a deragliamenti che però, forse, ogni tanto, potrebbero farci piacevolmente saltare sulla sedia.