MIGLIORI ALBUM INTERNAZIONALI 2016

Il 2016 si è portato via troppi grandi artisti: David Bowie, Prince, Leonard Cohen, Glenn Frey, Paul Kantner, Maurice White, Keith Emerson e Greg Lake. Icone che hanno raccontato chi siamo, leggende che ci hanno mostrato chi avremmo potuto essere. Ci teniamo quindi, prima di partire con la classifica dei MIGLIORI ALBUM INTERNAZIONALI 2016, a conferire un posto speciale, privo di classificazione e al di là di ogni parametro, agli ultimi album di Bowie e Cohen usciti pochi giorni prima della loro morte.

David Bowie, Blackstar: l’8 gennaio Bowie ha compiuto 69 anni e ha rilasciato questo album scomodo che non rappresenta né il Bowie nel periodo d’oro degli anni ’70, né un’innovazione nel panorama musicale, ma solo Bowie nell’isola di Bowie, con tutta la sua maestria e la sua strafottenza. Due giorni dopo un’icona è diventata un’altra stella nera nel cielo.
Leonard Cohen, You Want It Darker: una voce grattata, di una profondità che scava, in un album che da subito ha una consapevolezza definitiva, che va dritto dal nucleo oscuro di un uomo che segnato la storia della musica e che trascrive qui tutta la sua coscienza di essere umano e artista, per non morire mai.

 

Qui sotto invece, 15 album dal panorama musicale internazionale che non potete non ascoltare. Solo 15 perché non volevamo darvi troppi compiti per casa ma, come ogni anno, è stato difficile. Molto. Anche questa volta, potete ascoltare la playlist su Spotify dei nostri MIGLIORI ALBUM INTERNAZIONALI 2016

  1. Frank Ocean, Blonde: Ocean sa come sorprenderci. Uno dei primi artisti hip hop ad essersi apertamente dichiarato bisessuale, che ha trollato la sua casa discografica con un fake visual album, che ha saputo collaborare tanto con Justin Bieber che con Kenye West. Dopo Channel Orange che punta i riflettori su di lui come artista, ora pubblica un disco che ci fa accapponare la pelle e di cui non smettiamo di parlare.
  2. Nicolas Jaar, Sirens: la sua elettronica è contaminata da jazz, classica, psichedelia e ci fa perdere in uno spazio siderale, come se il canto delle Sirene ci attraesse in paradiso.
  3. Nick Cave & The Bad Seeds, Skeleton Tree: più passano gli anni e più Nick Cave matura e acquista feeling con una band inseparabile e questo album è l’ennesima dimostrazione dell’ascesa; nei suoi dischi, oltre alla consolidata esperienza come musicista, c’è l’animo di un uomo sempre più consapevole della propria natura, questa volta effimera e straziata, segnata da una grave perdita.
  4. Car Seat Headrest, Teens of Denial: catapultato dalla Virginia a Seattle, il giovane Will Toledo compone senza troppa fatica il suo album seduto nei sedili posteriori della sua auto. Come uno dei tanti giovani della scena decide di sfondare, e ce la fa eccome e senza grandi fatiche, scegliendo la via più veloce, quella del web (Bandcamp). Avanti tutta Will, aspettiamo di sentire quello che uscirà fuori quando ti metterai al volante della tua chevrolet.
  5. Skepta, Konnichiwa: con quest’album, che ha vinto il Mercury Prize, il rapper britannico si fa ufficialmente capogruppo dell’ondata grime facendo vedere però il suo stile personale e ricercato. Non mancano i grandi ospiti come Pharrell Williams e Novelist.
  6. DIIV, Is The Is Are: doppio album con 17 tracce scritte e prodotte dal mingherlino trentunenne Zachary Cole Smith. Si passa dalle sonorità indie più indie della noisey, allo shoegaze fino alla darkwave dei Cure. Insomma un insalatone ben riuscito che parla con parole che sembrano sussurrate di vizi e virtù del fidanzatino della modella e cantante Sky Ferreira.
  7. Sofy Tukker, Soft Animals: l’elettro duo della New York radicalchic ci aveva fatto innamorare quest’estate con il singolo Drinkee che abbiamo consumato sulle spiagge nei nostri migliori momenti vacanzieri. Anche il secondo singolo “Awoo” è stato estratto  dell’EP d’esordio che Sophie Hawley-Weld, 23 anni e Tucker Halpern, 25 anni hanno messo insieme dopo essersi conosciuti sui banchi della Brown University. Un disco pieno di ritmo dance in cui si sentono ben presenti le influenze date dallo yoga e dalla danza africana praticate dalla cantante durante gli anni del college.
  8. Solange, A Seat At The Table: un album delicatamente R n B con una potente architettura politica. Racconta molti episodi autobiografici di razzismo, con la potenza di voce paragonabile a quella di Etta James per intensità, che non necessita di altri orpelli.
  9. Bon Iver, 22, A Million: tanta strada percorsa per una band al terzo album, che muta continuamente riservando intatta solo la profonda sensibilità riversata in aneliti romantici di polifonia, sdoppiamenti di voci e ottave distorte.
  10. Parquet Courts, Human Performance: dal 2011 hanno fatto della Grande Mela il loro Texas. Descritti come il mix meglio riuscito tra Velvet Underground e Sonich Youth non hanno deluso neanche con l’uscita del loro quinto album.
    14 tracce che ripercorrono e galvanizzano i suoni della psichedelica americana e dove Sir. Jeff  Tweedy  (Wilco) e la sua chitarra hanno compartecipato alla creazione di alcuni riff.
  11. Swans, The Glowing Man: esce a più di trent’anni dagli esordi, è il quattordicesimo album ed è pure doppio. Un disco risolutivo per una and che ha attraversato art-rock, industrial, folk e non solo, un album fluido ma che richiede il Tempo per trovare l’uscita dal districato labirinto.
  12. Lil Yachty, Lil Boat: a soli 19 anni il rapper di Atlanta ha raggiunto in men che non si dica l’olimpo della scena rap statunitense, tutto questo come? Grazie al singolo “One Night” (2015) e il successivo EP di debutto Lil Boat.
  13. Kings of leon, Walls: il titolo del settimo album è l’acronimo di “We Are Like Love Songs” e i 4 membri sono rappresentati in copertina sotto forma di bambole. Un disco che suona perfettamente e racconta molte storie autobiografiche dei tre fratelli, ricco di melodie che rimangono in testa e che sempre più li consacra rock band mainstream.
  14. Devendra Banhart, Ape in Pink Marble 14: il (bellissimo) cantautore americano, che mangia sano e pratica lo yoga, ha saputo creare un altro disco che infonde una sensazione extra terrena solo grazie al sussurro della voce, privo di fronzoli, meno folk americano con fascinazioni dall’Oriente. Intimi i temi trattati di un album dedicato ad un amico scomparso.
  15. Whitney, Light Upon the Lake: l’album d’esordio di Max Kakacek e Julien Ehrlich convince contro ogni aspettativa di ascoltare per l’ennnesima volta un ragazzo romantico strimpellare la chitarra. Il gruppo hipster di Chicago da alla luce una sorta di Bon Iver forever young e quindi totalmente libero.

 

Leave A Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *