Articolo di: Gios
Si può ancora far diventare un disco Platino in meno di un mese?
Sì, parola di Kendrick Lamar.
Il 5 maggio la Interscope Records annuncia sui propri social che l’artista di Compton è riuscito nell’impresa, con un messaggio inequivocabile: “DAMN. Is now PLATINUM.” Che l’aspettativa intorno all’ultimo lavoro di KL fosse parecchio è palese. Sicuramente i mesi di voci che si rincorrevano su tutta la rete hanno aiutato, ma ragazzi questo resta un risultato davvero notevole. Perché DAMN. non è un album semplice, con sonorità pop di facile digestione, stiamo pur sempre parlando di rap. È rap con i contro coglioni tra l’altro, sono certo che mi perdonerete il francesismo. Qui dentro c’è tutto: spiritualità, sentimenti, riflessioni, racconti, parolacce e realtà come solo un vero rapper può fare.
Kung fu Kenny ha lasciato perdere lustrini e cerchioni cromati, cercando di esprimere quello che ha dentro attraverso le rime, che non diventano un limite ma un mezzo per mettere in ordine il caos dell’artista. Come al solito KL si dimostra un’artista a tutto tondo, in questo lavoro è stato curato ogni dettaglio. Ad esempio i titoli delle canzoni seguono lo stesso schema applicato al titolo dell’album, sono tutte scritte con lettere maiuscole e col punto alla fine di ogni parola. E tutta questa cura dà i suoi risultati fino in fondo, ad oggi tutti i suoi brani sono inclusi nella classifica Billboard.
Sinceramente la profondità di alcuni testi è sorprendente, una persona che dice di avere: “I got Loyalty, got royalty inside my DNA/ Cocaine quarter piece, got war and peace inside my DNA / I got power, poison, pain and joy inside my DNA / I got hustle though, ambition, flow, inside my DNA” avrebbe potuto fare una fine qualsiasi in quel tipo di contesto, invece ha deciso di diventare uno dei migliori, se non il migliore, rapper di questa epoca.
DAMN. è un lavoro molto personale, che racchiude tutti gli aspetti di Kendrick, sia interiori che musicali, infatti si dimostra in grado sia di cacciare punchline esaltanti su beat adeguatamente potenti, oppure di lasciare scorrere il suo flow su produzioni decisamente più tranquille. Spero che i rapper del mainstream italiano ascoltino e riflettano a lungo su questo disco, dimostrazione lampante che si possono fare numeri in grado di soddisfare le case discografiche, senza dover svilire questo genere che fa della genuinità e del legame con la realtà il suo pezzo forte.
Be’ humble, non dimenticatevelo.