La musica è una cosa privata. Ci piace pensare che il concerto di Nick Cave all’Alcatraz ci appartenga, lo show case di Jacky 0 & Mumi dipenda dall’inquadratura della nostra telecamera e che le tracce dell’album di IOSONOUNCANE suonino così solo per noi.
Ci piace pensare che quando pubblicheremo la recensione dello spettacolo “Rolling Idols”, balliate con i nostri occhi, che quando leggerete le parole di Bugo ridiate con noi, che le band emergenti del Pending Lips entrino nelle vostre playlist di Spotify come sono entrate nelle nostre.
La musica ha un vantaggio sulle altre forme d’arte perché è istantaneamente gratificante e ci piace pensare che questa sensazione sia unica e irripetibile. Ci piace indagare il processo contrario, perché quella stessa musica che arriva a noi esce dal privato di un musicista. Ci aggiriamo tra sperimentazioni, melodie, distorsioni, raccogliamo risposte diplomatiche ed emozioni di chi in studio di registrazione ci ha passato una vita, di chi non è un tipo facile da intervistare, di chi sa penetrarti con sguardo disarmante dall’alto di un palco. Anche se la mappa degli ascolti città per città di Spotify indica che a Milano la canzone più ascoltata è “Roma – Bangkok”, noi andiamo avanti per le nostre strade che portano all’Alcatraz, al 75beat, al Arci Ohibò, al Biko, al Cox ma anche al Rivolta di Marghera, all’Home di Treviso e allo Sziget Festival di Budapest e al Primavera.
Lo facciamo perché ci piace la musica e perché chi si accontenta di pubbliche verità, vive di menzogne private.
Siamo tornate.