Il mondo dei metallari ci ha sempre affascinato, perché un vero metallaro non scende a compromessi. Mai. Eppure oggi, che siamo al Fabrique di Milano per il concerto dei Mastodon, ci troviamo di fronte un pubblico variegato.
Certo, pogo, headbanging e un po’ di surf sulla folla sono caldamente raccomandati ma la band americana sembra riuscire a mettere d’accordo l’integralista, il rasta con la felpa del Jack Daniel’s e lo pseudo indie con occhiali alla Buddy Holly. Ah sì, ci sono anche le donne.
Il Fabrique, per l’occasione chiuso a metà, è già abbastanza pieno quando aprono il concerto i Krokodil, band UK, e i Big Business di Seattle. Alle 22.30 entrano Bill Kelliher (chitarra e voce), Brent Hinds (chitarra e voce), Troy Sanders (basso e voce) e Brann Dailor (batteria e voce).
Shakerare la testa e fare il segno delle corna con le dita alla Ronnie James Dio è d’obbligo qui in prima fila, come sopportare un look da biker alla Judas Priest nonostante i 30 gradi. Ma, di fatto, come dice una nostra amica, sono un gruppo per metallari hipster. I musicisti heavy metal sono tra i più professionali e creativi quando si tratta di far l’amore con il proprio strumento gemendo con velocità ritmica e timbrica tra espressioni edonistiche e reazionarie. Ci piacciono i cambi di ritmo repentini, le abissali pause e gli assoli di chitarra che sono viaggia interspaziali di lussuria. Cominciano subito con il nuovo album “Once More ‘round The Sun” per poi arrivare ai pezzi più classici come “Crystal Skull” per finire con “Blood and Thunder”. I Mastodon hanno acquisito una credibilità a 360 gradi nei loro 14 anni di carriera. Questo non basta però a riempire il Fabrique, che si assesta a mezz’aria. Sarà stato perché era un freddo mercoledì di dicembre o perché i biglietti costavano 30 euro, troppo, come ha sottolineato un omone con i rasta, la camicia da boscaiolo e un gilet di montone appena scuoiato.