Quando, durante la conferenza stampa, Brunori afferma che il suo nuovo album “A casa tutto bene” è un capolavoro, scoppiamo tutti a ridere felicemente annuendo, come dargli torto? Lui ha sempre avuto la capacità di farci venire la pelle d’oca e poi ridere a crepapelle, c’è dell’amarezza e dell’ironia nel suo modo di essere: avete presente no “Arrivederci tristezza” o “Il pugile”?
Il nuovo album “A casa tutto bene” è stato registrato in una masseria, in 15 giorni di completa clausura. Prima Brunori aveva lavorato singolarmente con ogni musicista, perché non si influenzassero. Il cantautore racconta che il disco ha la struttura della canzone di Beck, è influenzato da Beirut, dagli Arcade Fire, musicisti che non hanno strettamente a che fare con lui ma che ha cercato di portare nel disco.
In questo nuovo album il dialogo è immediato e non sempre positivo; il linguaggio, dice Brunori, si fa meno poetico e più sentimentale, o forse, soprattutto, racconta l’attualità sinceramente, senza metafore, parla di immigrazione, politica e televisione. Ne deriva un disco a tratti amaro, un’Italia che sventola bandiera bianca, figlia delle stelle e della TV (“Sabato bestiale”), ipocrita (“Secondo me”), che ama il prossimo solo se è carne di razza italiana (“L’uomo nero”). Non a caso cita il Battiato di “Povera patria”, la speranza di un cambiamento che tarda ad arrivare. Anche le paure di Frida Kahlo trovano spazio in “Diego e io” scritta con Antonio Di Martino (che ha vissuto per un periodo in terra messicana), di nuovo l’anima è lacerata tra il mondo adulto e quello dell’infanzia in “Costume da torero”, filastrocca con un coro di bambini.
Ma è anche un disco che come una coperta ti avvolge, non sono canzoni d’amore (“Canzone contro la paura”) ma canzoni che ci aiutano a ritrovare noi stessi mettendo in discussione la nostra comfort zone.
“A casa tutto bene” è il disco amaro di cui abbiamo bisogno.
Dal 24 febbraio Brunori Sas sarà in tour “Sono nato ballerino e nei miei live ballerò!”