Ciao Pamela, piacere! Tu sei originaria di Roma, una città in cui ora la scena underground è in grande fermento: da Carl Brave e Franco 126 a Gazzelle. Ma in realtà il tuo è uno sguardo più rivolto verso l’estero… Assolutamente si, una tendenza naturale, un bisogno istintivo. Sono molto attenta alle novità. Apprezzo gli artisti stranieri, ma anche alcuni italiani. Le produzioni straniere, a volte hanno una marcia in più, il fatto che vanno oltre le mode, fanno quello che sentono. Mi vengono in mente il meraviglioso duo delle Ibeyi e i London Grammar. Registrano i brani chiudendosi in studio, mettendo direttamente in rec, e facendo solo successivamente un lavoro sulle strutture e sui suoni. Se arrivi al successo, ci arrivi per quello che veramente sai fare. A volte ascoltando le radio italiane, ti confondi e credi sia qualcuno che conosci, ma poi annunciano un nuovo artista uguale a quello di prima, studiato a tavolino. Non amo Calcutta, ma apprezzo Colapesce. Motta aveva fatto un bel disco, ma poi non sono riuscita a fare uno scatto dietro le quinte di un suo concerto, e ho cambiato idea. Credo che la sensibilità dell’artista, sia la prima qualità per il successo a lungo termine. Inoltre mi piacerebbe ca-pire perché certe radio, puntano su prodotti come Reina o Le Deva. Non voglio criticare gli artisti, ma se qualcuno mi spiegasse il fenomeno…forse è solo una questione di business.
Hai aperto One More Lab nel 2013, prima che esperienze hai avuto? Tutto quello che faccio è costruito grazie agli incontri e le esperienze del passato. Ho avuto uno studio accademico, prima nella danza e nel teatro. Quello ti fa generare i punti di vista, differenti, poiché devi gestire lo spazio e ti fa analizzare chi sei all’interno di un gruppo, poiché devi condividere l’esperienza. E ti fa sudare, faticare, ti dà forza attraverso la conoscenza delle tue capacità fisiche e morali. Essendo una vocal trainer, insegno soprattutto a come realizzare un esibizione di alto livello. A volte i giovani si perdono nella quotidianità della vita. Chi vuole fare l’artista, deve obbligatoriamente essere concentrato sul suo percorso, lavorando al massimo della disponibilità del proprio tempo. Io a 20 anni partii per New York e spesi tutti i soldi che avevo guadagnato con la prima tournée teatrale. Spesi tutto per imparare, poi vinsi una borsa di studio alla Steps School e utilizzai i soldi per studiare canto e comprare una pila di cd e il video registratore, per registrare ore ed ore di dirette di VH1, il canale musicale dei videoclip. Ero con le mie colleghe cantanti. Quando passammo la frontiera ci volevano trattenere. Credo avessimo un centinaio di cd a testa. Li tengo ancora, come quello di Prince e di Oleta Adams. Poi tornavo a casa e cantavo sulle prime cassette americane di karaoke. Non avendo ancora la mia band, erano fondamentali. Oggi le band hanno a disposizione programmi e apparecchiature digitali per creare qualsiasi tipo di strumento.
Oggi la distribuzione digitale permette anche alle etichette minori di distribuire la musica dei propri artisti, perché sono più importanti lo studio e l’ingegno che i mezzi fisici. Sei d’accordo? Trovi sia un grande vantaggio? Il mondo è digitale, lo trovo stimolante, veloce e diretto. Non devo più scendere sotto casa a cercare in negozio il cd di un artista sconosciuto. All’età di 8 anni già compravo, The Smiths, Chemical Brother e Danny Wilson, invece di acquistare vestiti o caramelle. Dovrei avere ancora quei vinili da qualche parte. Ora sta tutto sul mio iPhone, dalle musiche dei miei artisti, alle foto dei loro live, dai provini in studio fino ai contratti.
Oggi il digitale ha anche accelerato i tempi di crescita e di morte di un brano o di un artista, facendo cresce l’esposizione e l’offerta di musica in modo esponenziale. Le major seguono ancora il percorso di crescita di un’artista? Perché un’etichetta indipendente può farlo meglio? Non è tanto quello, ma il fatto che alcune etichette indipendenti seguono anche il management. Noi lo facciamo, è un’ impresa ardua. A volte mi viene lo sconforto e mi piacerebbe mollare, ma poi si va avanti perché si vede la luce nella musica. In un attimo tutto appare diverso. Poi c’è da constatare che gli artisti che hanno la forza di continuare senza che nessuno ti assicuri il successo, quelli, hanno la stoffa per fare questo mestiere. A loro voglio dare un opportunità.
Che servizi offrite agli artisti del vostro roster? La cosa più importante, è che da questo momento OML sarà distribuita anche da Awal, conosciutissima in UK. Credono in noi e ci hanno dato quest’opportunità. É quello che mi serve ora per avere più visibilità, un partner moderno e che segue esattamente i criteri per far diventare un top artist. Grazie alla loro promozione, ad esempio, un artista che mi piace, come Vérité, sconosciuta in Italia, ha già 1.500.000 follower su Spotify.
Come nasce la collaborazione con FameMag? Tra i blog internazionali più esclusivi c’è proprio FameMag e Fabrizio Belluschi, mio caro amico, dà molta attenzione ai new artists. Ha gusto, e poi è nato il mio stesso giorno, il 23 dicembre!
Siamo stati da poco a Londra per il #Blogtober Festival dove hanno suonato molti artisti comuni.
E’ appena uscita One More Compilation Vol. 3. Chi sono e da dove vengono i 18 artisti che avete scelto? Molti sono made in London. Beca è americana, e Jylda vive in Germania. Interessanti anche Emily Magpie e Malory, faranno molta strada. Non vedo l’ora di ripartire già per la Vol.4. Alcuni artisti che prima o poi mi piacerebbe includere nella prossima selection sono Sam Fender, Zayde Wolf, Broods, Machi- neheart, Alice Jemima, Ruelle e Skott. A questo tipo di musica che va dalla synth-dream alla dark pop, dedico anche uno spazio su ‘Overview’ il mio programma radiofonico, ogni mercoledì sera su RadioAtlanta Milano.
Come si è svolto lo scouting? Avete deciso di premiare il brano o l’artista/ band? A volte contattiamo noi gli artisti, a volte grazie alle interviste che FameMag dedica alle première dei brani, abbiamo l’opportunità di conoscerli. Ma non sono solo quelli i canali, a volte li creo attraverso contatti personali, incontrando producers e addetti ai lavori.
Hai viaggiato molto, siamo curiose di sapere quali differenze percepisci nel modo in cui vengono alla luce i nuovi talenti nei vari Paesi. In Italia, ad esempio, sembra che gran parte del successo dipenda dal passaggio in radio di un brano o meno. A Manchester abbiamo avuto l’impressione che la musica nasca per strada. A Berlino abbiamo visto molti locali pieni di ascoltatori ricettivi,… Quest’anno ho avuto l’opportunità di girare per le selezioni del contest 1MEurope, organizzato da OML e prodotto da iCompany. In Spagna ho trovato un ambiente molto pop-folk e band numerose. In Germania invece sono pazzi per l’elettronica, e per i cantanti italiani! Amburgo e Berlino, meravigliose, piene di locali e di gente che va ad ascoltare musica. Francia, Olanda e Belgio le faremo quest’anno. E l’Inghilterra, che dire, la mia meta preferita, una seconda pelle. Rinasco e mi ispiro. La band vincitrice di quest’anno è inglese, si chiamano M i d l i g h t, e hanno da poco firmato un contratto di esclusiva con noi per il loro primo disco. Sarà un successo. Finalmente non ci sarà il problema della pronuncia.
Agli artisti che segui consigli di cantare in lingua inglese? Possono cantare in inglese, quanto vogliono, ma poi il mercato e il business saranno spietati. Con la band inglese, i Sama, che produco personalmente, e Brioni, non ci sono problemi di lingua. Ci sono già i primi feedback positivi. Posso rivelarvi che il prossimo singolo dei Sama è prodotto da Aamir, un premio Award.
In che direzione si muove secondo te il mercato discografico italiano? Ascolto la Indie Chart, ma trovo veramente nomi sconosciuti, molti rapper, molti cantautori sempre con i soliti suoni. In questo momento sto dando attenzione ad un artista tutta italiana che si chiama H.E.R., anche lei inclusa nella OMC3. Una violinista di successo, e con un talento ancora da scoprire nella composizione originale. Sicuramente un personaggio sensibile, e stimolato dalla contaminazione dei generi. Nei live dà tutta se stessa.
Il 23 novembre si terrà a Milano un incontro organizzato dalla PMI – Produttori Musicali Indipendenti dal titolo “Valore alla musica”. Trovi che eventi come questo siano momenti di confronto importanti? Cosa pensi del ruolo della PMI nel mercato indipendente? Assolutamente sono stimolanti questo tipo di incontri, ma spero che non rimangano ambienti chiusi agli stessi discografici di una volta. Totalmente differente è l’ambiente inglese. Sono stata ospite ad Amplify a Londra e lì ho trovato tutti disponibili al dialogo. La direzione è sicuramente il publishing e OML cercherà di creare più deal, per dar modo ai propri artisti di emergere. Il successo non lo fa solo l’artista, ma anche chi lo accompagna con le idee nel viaggio musicale. Infine, come discografica, sono sempre disponibile al dialogo, ma non conosco altre donne manager, quindi faccio un vero e proprio invito per confrontarci!