EX-OTAGO: l’intervista a Maurizio Carucci

Con litri e litri di Curcuma in endovena per curarsi dal classico febbrone stagionale, ma fedele ai propri impegni di frontman, Maurizio Carucci degli Ex-Otago ci racconta al telefono del quartiere di Genova a cui è più affezionato (Marassi), della sua attività di vignaiolo tra le valli liguri e, soprattutto, di cinghiali incazzati e giovani d’oggi. E mentre parliamo di come curare la tosse con tanto propoli e buona musica, scopriamo che i sogni di bambini a volte si realizzano e indiani e astronauti possono raggiungere insieme la luna.

Ma quindi il tuo letto di ospedale si trova a Marassi?
Il mio divano è in Cascina Barban, una vecchia borgata in pietra in val Borbera tra Liguria e Piemonte, vivo qui ma sono nato e cresciuto a Marassi.

Oltre a cantautore sei anche contadino?
Esattamente! Vignaiolo. Il resto della band vive a Genova ma andiamo frequentemente a Marassi perché è lì che c’è la nostra casa chiamata CasaOtago dove scriviamo canzoni, mangiamo e facciamo cose. Avevamo una gran voglia di raccontare un po’ la contemporaneità di questo quartiere, volevamo raccontare la società attraverso gli strumenti di oggi, i sintetizzatori, che poi per noi non sono così nuovi perché li abbiamo utilizzati anni fa, ed ora li abbiamo recuperati. Marassi è una bella testimonianza di oggi, c’è un po’ di tutto.

Come descrivereste Marassi a chi conosce magari solo la Genova più turistica, quella dell’acquario, del centro storico…
A differenza della Genova turistica e della movida, Marassi è un quartiere autentico e genuino dove vigono i ritmi della quotidianità, le persone si arrangiano nelle faccende più comuni e semplici ed è per noi il manifesto della vita attuale in Italia, ci sembra rappresentativo.

Parlaci di questi giovani che vivono a Marassi, dite che “non valgono un cazzo”, vi sentite parte di loro?
In realtà è un’affermazione estremamente provocatoria, pensiamo esattamente l’opposto. “Giovani”…noi siamo a metà! Per alcuni siamo già vecchi per altri invece ancora giovani ed è proprio per questo che ci sentiamo coinvolti in prima linea. I giovani di oggi devono essere lasciati liberi di fare, di sbagliare, esattamente come hanno fatto i “giovani di una volta”. La differenza è che quelli di oggi devono ancora agire mentre quelli di ieri ne hanno fatte eccome di cazzate, e purtroppo, il mondo che ci hanno lasciato ne è la dimostrazione. E’ quindi una frase rivolta sia ai giovani per svegliarli ma anche a chi li indica con il dito: voi cosa ci avete lasciato? La Salerno Reggio Calabria e Miss Italia. Insomma, se non le cose peggiori, le più opinabili.

E questo astio si sente anche in “Cinghiali incazzati”, chi rappresentano?
Siamo un po’ tutti noi, è un invito a manifestare, a coltivare tutti i profili che abbiamo e che magari vengono nascosti per condizioni culturali abitudini e paure. Alla fine anche io sono un contadino, un vignaiolo, sono sensibile, ho i capelli neri, ognuna di queste cose ha una sua sensibilità e sarebbe bello che tutta questa ricchezza di elementi ognuno di noi la potesse manifestare ogni giorno.

In due brani in particolare (“Quando sono con te” e “Gli occhi della luna”) si sente un’importante presenza femminile… a chi sono rivolti?
Diciamo che sono  tutte cose che ho raccolto in questi anni per strada e che ora ho trasformato in canzone. La componente femminile c’è e deve esserci in abbondanza e in ogni dove se no saremmo ridotti a poveracci monotoni. La luna è femmina, la terra è femmina, la pelle è femmina per cui hai assolutamente ragione, la presenza femminile si sente.

Da bambino sognavi di fare l’indiano?
Esattamente!

Io sognavo di fare l’astronauta! È un sogno che rimane nel cassetto?
No, si è realizzato!
Penso agli indiani d’America, liberi, che vivono nella natura e in maniera completamente genuina. A livello simbolico, essere un indiano, è poter fare quello che si vuole. Anche perché non vedo molte altre strade: cosa ci stiamo a fare qua? Se non facciamo quello che ci piace non ci sono motivi per restare in questo posto. L’arte di fare l’indiano consiste nel cercare di avvicinarci ad essere persone libere e che fanno ciò che più gli piace.

Siete una delle prime band in Italia ad aver usato il metodo del crowdfunding. Lo avete usato anche per questo disco?
Sì, poi per fortuna si sono aggiunte anche le etichette, quindi diciamo che questo album è stato fatto sia dalle persone che ci seguono e ci sostengono da sempre, sia dal supporto e dalla promozione di diverse etichette.

Quindi coltivate un rapporto intenso con i fan?
Certo, noi diciamo sempre che sono il Sesto Otago. Loro sono il sesto membro della band e ci siamo estremamente affezionati.

C’è un pubblico che preferite?
No, Marassi vuole essere un disco pop, è stato sicuramente compreso di più nella nostra città, ma è un disco eterogeneo. Ai nostri concerti ci sono operai, professori di università, persone di tutte le età. Ti racconto questa che mi ha fatto molto ridere, nell’ultimo concerto a Rimini c’era una vecchietta in terza fila, una signora che avrà avuto ampiamente più di 60 anni che ha ripreso tutto con il telefonino.. oltretutto era puntato ovunque tranne che sul palco! Mi ha fatto davvero sorridere anche perché al suo fianco c’erano ragazzini liceali che cantavano le canzoni a memoria e lei li a filmare con l’iPhone.

Cosa pensate della nuova scena musicale genovese?
Genova è una città un po’ addormentata, immobile, conservatrice. Evidentemente queste attitudini si ripercuotono anche nella scena musicale. Noi per dirti, non sappiamo mai dove andare a suonare perché un posto che tiene mille persone a Genova purtroppo non c’è.

Ci sono vari teatri a Genova, ne ricordo uno molto bello…
Portare Marassi a teatro è una cosa che non può funzionare, è un disco da club. Mentre quello prima era perfetto per il teatro e noi eravamo anche più piccini come pubblico. Mamma Genova non ci cura abbastanza! In Cascia da me per esempio lo faremo sicuramente, però non è Genova, è un’altra cosa ed è anche a più di un’ora dal centro, ma lo faremo! – Momento indicazioni stradali + innumerevoli colpi di tosse —>Ecco dove si trova la cascina: https://goo.gl/maps/8Mb9Kq1Haby



C’è qualcosa di interessante nella scena musicale ligure tipo Sfera & Serenase, Boris, Od Fulmine, i Cuccioli Morti. Ma rimangono un po’ lì anche perché Genova non è in grado di spingerti nel modo giusto e di farti conoscere per poi suonare in città più grosse.

A Marassi c’è anche lo stadio! Cosa tifate?
Siamo 3/5 genoani e 3/5 sampdoriani, c’è rivalità in casa quando c’è il derby della Lanterna. Come si dice qui a Genova amiamo “menarcela” ovvero stuzzicarci fra di noi e darci fastidio sul calcio per poi fare delle grosse risate tutti insieme.

Momento classifiche! Dicci un album italiano e un album estero per te rappresentativo di questo 2016.
Premetto che non sono un ascoltatore attento di musica, ne ascolto molta ma non con attenzione clinica e di ricerca. Magari ascolto un brano per cinquecento volte per cinque giorni di fila. Può succedere che mi fai sentire un brano di Bowie e non lo riconosco perché non ho mai avuto questo approccio storico alla musica. Detto questo, sicuramente negli ultimi tempi mi è piaciuto molto Tycho che ha delle melodie magnifiche e soprattutto perché in questo periodo mi piace davvero molto la dance, colta o meno colta che sia, e Tycho ne è esattamente la sintesi, composizione musicale+approccio tamarro. Per quanto riguarda l’Italia ci sono tanti dischi che mi sono piaciuti, penso a ICani, Cosmo, Calcutta, insomma quelli stanno effettivamente funzionando, e non a caso.

Ci sono band che stanno emergendo dalla scena indie dedicata a pochi…
Sì, è un periodo storico importante, siamo fortunati e forse anche un po’ bravi ad esserci finiti in mezzo. Cerchiamo di alimentarlo perché secondo noi è la strada giusta. Basta etichette, chi fa della buona musica è giusto che arrivi a tutti, che sia uscita da Xfactor o da Marassi poco importa 😉

Ci vediamo l’8/9 luglio al vostro festival in cascina Barban !

 

Ascoltate gli EX OTAGO nella nostra playlist degli album migliori del 2016

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