Francesca Bonci è una visual artist di Torino che si sta facendo conoscere nel mondo della musica con i suoi video fatti di schizzi a matita e collage rielaborati digitalmente. È cresciuta a Pesaro, ha vissuto a Lisbona per quasi 6 anni e ora si trova a Bologna. Ha frequentato il liceo classico e poi l’Accademia delle Belle Arti seguendo un corso di Multimedia e Visual Design, che sicuramente le ha dato innumerevoli e preziosi input, ma tutto il resto è venuto da sé. Prima con la fiducia di We Deserve This, il progetto post rock del tedesco Jan-Dirk Platek, ora con le proprie gambe non solo in Italia.
Come si diventa un’artista a tempo pieno? Non so quale sia la regola, ma posso accennarti alla mia esperienza. Sicuramente ci vuole tanta passione e una mente molto aperta. Io ho cominciato a farmi conoscere anche grazie all’espansione di internet dei vari social network, che mi hanno permesso di espandermi fuori dai confini di questo paese. E nel giro di pochi anni ho cominciato ad avere visibilità e contatti un po’ da tutte le parti del mondo. Non posso dire di vivere completamente di arte, ma posso dire che con grande sacrificio riesco a dedicare la maggior parte del mio tempo a questo. In questo modo posso crescere ogni giorno e migliorare.
Chi ha creduto in te per primo? Ho incontrato diverse persone che hanno creduto in me, persone con le quali ho collaborato e grazie alle quali sono potuta crescere sia umanamente che artisticamente. Amici soprattutto, qualche professore durante l’accademia e ricorderò sempre un musicista tedesco, ora conosciuto come We Deserve This, con il quale ho collaborato spessissimo e che in un momento molto difficile della mia vita, nel quale avevo un po’ abbandonato la mia arte, mi chiese di lavorare su alcuni suoi brani. Così ricominciai a fare video e da quel momento le cose sono andate sempre meglio.
Parlaci della tecnica che usi nei video clip, per esempio quello degli Orator Fit (Mistakes)
I miei video sono molto vicini al concetto di visual, molto semplicemente cerco di tramutare le emozioni che la musica mi comunica in materia visiva. Per il video degli Orator Fit ho creato una base astratta sulla quale ho poi ho inserito le loro sagome come fossero elementi visivi.
I contorni della realtà sono indefiniti, giochi molto con la luce e trascendi la prospettiva. C’è un sound che senti più adatto al tuo tipo di arte? No, non credo ci sia un sound o genere più adatto di un altro. Non mi piace dare dei paletti o delle categorizzazioni alla musica o al suono. Infatti ho lavorato con band molto diverse tra loro.
Oltre ai primi video clip che stai girando, abbiamo visto sul tuo profilo Facebook molti disegni bellissimi come quello di Bowie: le band possono fare riferimento a te anche per le copertine dei loro dischi o per il merchandising? Assolutamente sì. Ho fatto anche lavori di illustrazione, artwork per dischi, t-shirt in passato. E ora sto pensando di cominciare a fare design per effect pedal box artigianali. Mi considero un artista completa, non una videomaker, anche se questa è la mia attività principale.
Quanto tempo impieghi per un lavoro? Dipende. I processi creativi sono molto variabili, a volte ci metto un mese, altre 3. Dipende dal mio stato d’animo, da quanto sto lavorando, da come sento un brano piuttosto che un altro. Ci sono periodi in cui ho bisogno di ricaricarmi perché magari ho speso parecchie energie creative per un lavoro. Scelgo di lavorare con band e musicisti che mi contattano perché mi apprezzano come artista, che vogliono la mia arte nella loro musica e che vogliono lasciarmi carta bianca perché si fidano. Chiacchieriamo, mi raccontano com’è nato il brano, di cosa parla, il mood che vorrebbero comunicare, a volte mi forniscono del materiale che vorrebbero plasmassi e in base a questo cerco di personalizzare il tutto. Per esempio ora sto lavorando ad un video quasi interamente fatto a matita e acquerelli perché la band che me lo ha commissionato e con cui ho già lavorato più di una volta, voleva un video di questo tipo. Ogni collaborazione è stata sempre una esperienza fantastica e costruttiva.
Ti ispiri a qualche artista? Non particolarmente. Ma essendo molto curiosa e interessata a molte cose dal cinema alla musica alla letteratura sicuramente a livello inconscio vengo ispirata continuamente da quello che mi circonda. Tra le cose che amo molto ci sono sicuramente Fluxus, l’immaginario cyberpunk, la Bit Generation, la Glitch art, il design tipografico di Carson, ma non so se queste cose risultino poi nel mio stile.
Cosa ne pensi di un futuro nel live? Studio ogni giorno per riuscire a migliorare da quel punto di vista. Vorrei utilizzare programmi che mi permettano di fare performance live, come vj, ma per ora ancora non sono così brava. Allo stesso tempo però produco già materiale che viene utilizzato nei live dalle band. A proposito di questo, il prossimo anno sarò in giro per festival ed eventi esteri come visual artist proprio per arricchire i live di alcune band con i miei visuals. Mi piacerebbe inoltre sviluppare qualche progetto che andasse oltre la musica.