Li abbiamo visti due anni fa durante il festival “10 Giorni suonati”, dopo Dan Black, prima dei Verdena e mentre le zanzare ci mangiavano i polmoni. E non li abbiamo più dimenticati.
Loro sono i Glasvegas, rocker scozzesi guidati dall’onirica voce di James Allan. E per chi non li ricordasse, si vada ad ascoltare Daddy’s Gone, quella canzone dal sound solenne che nel 2006 li portò in cima alle classifiche. Parliamo di estetica? Il loro nome è l’unione tra  “Glasgow” e “Las Vegas”, la città industriale ricoperta di pailettes; il loro abbigliamento è sicuramente quanto di peggio queste due città possano offrire messe insieme. Parliamo di musica, allora. James è il principale autore delle canzoni della band e si muove da vero leader, come lo abbiamo visto anche sul palco; è in grado di coniugare una libertà artistica electro rock a melodie da hit rifinite dalla sua voce con tipico accento scozzese riconoscibile anche durante un falsetto. Il resto della band passa nell’ombra tanto da farci pensare che bè: ci vorrebbe una batterista più esperta di Caroline e il chitarrista Rab è stato tenuto forse solo perché cugino del cantante (Paul lo risparmiamo). Certo, tutto questo su disco non si sente. E noi amiamo quel mood melanconico adolescenziale che contraddistingue i Glasvegas, che pur fanno canzoni dalle tematiche impegnative.
Finalmente tornano con il singolo I’d rather be dead.