Fin dalla prima volta in cui avete visto su MTv uno spirito rapper uscire dalla testa di Russel, non avete amato i Gorillaz?
Non è forse stato un colpo di fulmine pari a quella ragazza alle medie il cui solo incrociare lo sguardo, era sufficiente per mandarvi al settimo cielo?
Per quanto mi riguarda non mi è sempre possibile sviluppare empatia con gli artisti, spesso finisco per amare un solo album perché ben si sposa con un dato momento della mia vita, ma loro sono presenti fin dal primissimo successo. Forse il colpo di fulmine l’hanno fatto scattare grazie all’idea della cartoon band, i meravigliosi video pieni di personaggi strampalati e situazioni assurde, hanno attecchito istantaneamente distraendo inizialmente molti di noi dalla musica. Dopo Clint Eastwood (a.k.a. la canzone del Conto Arancio) e 19-2000 non penso di essere stato l’unico ad ascoltarsi per intero l’omonimo album di debutto “Gorillaz”. In quel disco ci sono almeno altri tre pezzi che avrebbero avuto fortuna come singoli, ma tenerli “nascosti” agli occhi dei fruitori radiofonici è stato un giusto premio per noi fan più accaniti. L’evoluzione elettronica dei Gorillaz, che si può sentire in pezzi come DARE (contenuta all’interno del secondo album Demon days), per poi proseguire con “Plastic Beach” e raggiungere il culmine in The Fall, ha tenuto il pubblico legato a doppio filo al gruppo inglese come pochi altri progetti contemporanei sono stati in grado di fare. Probabilmente proprio l’attitudine alla sperimentazione è il maggior talento di questi psichedelici elementi.
Il video, diretto dal’italiano Giorgio Testi, è un insieme d’immagini di cupi avvenimenti storici e dei vari temi trattati nel pezzo, che proiettati su Benjamin Clementine, contribuisce a creare un’atmosfera volta a lasciarci quasi interdetti, fin dal primo ascolto.