Abbiamo conosciuto Alessandro, in arte Cornio, medico all’Ospedale di Chivasso e cantautore. Ci ha raccontato la sua storia particolare “Credo che in questo momento difficile sia importante cercare di rimanere lucidi e fiduciosi il più possibile”.
1. Torino, classe ’93. Dove ti trovi ora in quarantena?
In questo momento io e mia nonna abbiamo fatto “scambio” di casa: lei è a casa della mia famiglia, mentre io sono a casa sua. Questo perché, considerato il lavoro che svolgo, volevamo evitare ogni eventuale possibilità di contagio. Il tempo ci ha poi effettivamente dato ragione, dato che al momento sono in quarantena.
2. Fin da piccolo hai amato la musica, ti ricordi i primi album che hai ascoltato?
Ho sempre ascoltato musica. Ricordo che in macchina di mio padre si ascoltavano spesso le “Greatest Hits” di Bob Marley, mentre con mia madre era il turno di Giorgia o Tiziano Ferro. Due mondi molto diversi, ma affascinanti e interessanti allo stesso modo.
3. Oggi ascolti la musica in digitale o su cd o vinile?
Essendo parte della generazione “intermedia”, sono sicuramente nostalgico dei vecchi cd o vinili. Ma è una questione puramente affettiva, il digitale è il progresso e poi è troppo comodo.
4. E’ uscito da poco il tuo singolo “Paranormale”, il primo di questo tuo nuovo progetto, ma in realtà suoni da tanti anni e hai avuto varie band.
Dopo aver lasciato il Conservatorio mi sono appassionato alla musica popolare. Nella mia primissima band ero chitarra ritmica e seconda voce. In questo periodo ho sentito il bisogno di esprimermi e ho iniziato a comporre testi e musiche. Ho poi fondato il mio primo gruppo al liceo, dove ero chitarra principale e voce.
Crescendo, ho suonato con diverse band e in diverse forme. Tra le varie, ho fatto anche il bassista negli Unaesthetik, con i quali siamo ancora in contatto. Tra liceo e università sono stati dei bellissimi anni di concerti.
Lavorare con una band (in particolare con la mia band attuale, che considero la mia seconda famiglia: Alessandro, Carlo, Italo e Lorenzo) per me è sempre stato fondamentale e continuerò a farlo. A un certo punto del mio percorso musicale, però, ho avvertito la necessità di creare un progetto da solo, o meglio, un progetto in cui testi e musica provenissero dal mio immaginario, un progetto che permettesse di esprimere a pieno il mio mondo. Questo ha significato uscire dalla mia zona di comfort e mettermi costantemente alla prova, consapevole che la responsabilità sarebbe stata esclusivamente mia.
5. Conservatorio e Facoltà di Medicina, ci fa pensare che quando hai una passione sei determinato a seguirla fino in fondo!
Grazie mille per il complimento! Sono molto fiero della mia determinazione, anche se a volte può diventare quasi testardaggine! Mi sono abilitato da poco in Medicina e quindi attualmente non sono ancora specializzato.
6. Come ti sei trovato al Conservatorio dove sei stato ben 4 anni? Perché la decisione di non finirlo?
Ho frequentato il Conservatorio a Como per ben 5 anni! Ero ancora piccolo, ma, sinceramente, pochi maestri (tra cui ricorderò sempre i miei fantastici maestri di Canto corale e di Teoria e Solfeggio musicale) mi hanno fatto appassionare veramente alla musica. Ho lasciato il Conservatorio per questo, e, seppure in parte lo rimpianga, poco più tardi, quando ho capito che potevo esprimermi attraverso la musica senza alcun vincolo, si è riaccesa in me quella passione che avevo perso negli anni di Conservatorio. Sta di fatto che il Conservatorio mi ha dato una base stabile da cui partire per poter sperimentare diversi generi musicali.
7. Nel tuo singolo dici “Spero di annegare, smettere di respirare”, è un pensiero che hai mai fatto in questi giorni difficili in cui il Paese affronta un’emergenza sanitaria?
In realtà nel testo mi riferisco metaforicamente al lasciarsi andare in una nuova relazione, darsi pienamente al partner in una fase in cui si hanno ancora incertezze ma la voglia di scoprire l’altro è tanta, per poter così arrivare ad “assaggiare una parte minima” di lei/lui.. Ecco perché “spero di annegare, smettere di respirare”. Credo che in questo momento difficile sia importante cercare di rimanere lucidi e fiduciosi il più possibile. Ogni tanto lo sconforto c’è, mi manca la mia famiglia, la mia ragazza e i miei amici, ma posso dirmi comunque fortunato. Anche se sono risultato positivo al Covid sto bene, i miei cari stanno bene. Questa è la cosa più importante. Il mio pensiero va a tutte le famiglie per cui la situazione purtroppo è diversa.
8. Ti sei reso volontario per aiutare i malati di Covid-19, raccontaci come hai preso questa decisione e dove sei stato.
Ho preso parte al bando per l’emergenza Covid perché l’ho ritenuto la cosa giusta da fare sin da subito: volevo rendermi utile e da medico lo ritenevo un obbligo morale. Al momento se non fossi in quarantena lavorerei all’Ospedale di Chivasso, reparto di Medicina Interna, e spero di poterci tornare dalla prossima settimana.
9. La musica sta attraversando un periodo difficile: non è più possibile fare live né instore tour, non si può nemmeno andare in studio di registrazione o provare con la propria band. Come credi che supereremo tutto questo?
Premetto che la situazione attuale non è facile per nessuno e sotto ogni punto di vista e da medico ritengo che ci siano cose più importanti a cui pensare in questo momento. Dall’altro lato, rimpiango le prove con la mia band e tutti gli eventi che necessitano di un “assembramento”. Sono fiducioso che supereremo questo periodo, e dopo, i concerti e tutto il resto ci sembrerà ancora più bello.
10. Tu che, da medico, hai visto da vicino la situazione, come ti aspetti evolveranno le cose nei prossimi mesi? Quando sarebbe giusto tornare a fare concerti?
La situazione è molto complicata e il problema non è solo sanitario, ma anche e soprattutto sociale, politico ed economico. Cambierà il nostro modo di pensare, ma prima o poi si tornerà a un qualcosa di simile al passato. Da medico posso dirvi di fare attenzione, ma non ho i mezzi a disposizione per poter dire quando ci saranno novità.
11. Intanto abbiamo visto suoi tuoi profili i live acustici in questi giorni di quarantena, ci racconti la tua stanza-studio?
Vado molto fiero della mia strumentazione. I fiori all’occhiello sono rappresentati sicuramente dal MultiPad SPD-SX della Roland e dalla Loop Station RC-505 della Boss.
Come programmi per registrare utilizzo Audacity, perché è leggero e perché voglio che le cover che pubblico siano pulite, senza rimaneggiamenti o finzioni.
12. Consigliaci tre album che, ora che in molti abbiamo più tempo da passare in casa, dovremmo assolutamente ascoltarci tutto d’un fiato.
Domanda difficilissima perché dovrò lasciare fuori tanti fantastici dischi.
Vi propongo il mio preferito in assoluto, “10.000 days” dei Tool. So che non ha nulla a che fare col mio genere, ma mi trasmettano tanto nella loro vasta complessità.
Un altro disco interessante è “Thinking clear” di Dub Fx, dove la spiritualità si intreccia a beatbox e bassi profondi.
Infine “When we all fall asleep, where do we go?” di Billie Eilish, che credo abbia avuto un grande impatto nella musica dell’ultimo periodo.