Il 23 marzo esce è il nuovo ep di Hesanobody, alias del calabrese Gaetano Chirico, “The Night We Stole The Moonshine”. Abbiamo ascoltato le tracce in anteprima e intervistato Gaetano che da 4 anni abita a Milano e frequenta Psicologia all’Università Bicocca, anche se questo disco esce con un’etichetta londinese…
Milano ti sta dando maggiori opportunità per la tua musica?
Milano dà l’opportunità di conoscere tante persone fantastiche con le tue stesse prospettive e ambizioni, che sanno credere in quello che fai e per questo decide di far squadra per raggiungere l’obbiettivo comune. Quindi direi di sì, è una città che per forza di cose regala maggiori opportunità.
Partiamo dal tuo nome d’arte, perché HESANOBODY?
Perché sono una persona qualunque, un ‘nessuno’. Hesanobody vuol dire proprio questo, è un costante monito sul chi sono e da dove sono partito, oltre che una sfida personale, qualcosa da sovvertire.
Abbiamo ascoltato in anteprima il tuo nuovo ep e ci è piaciuta molto la tua naturalezza nel passare da canzoni da dancefloor a canzoni più intimistiche e malinconiche, con un uso sapiente dell’elettronica e la melodia sempre al centro. Si sentono marcatamente le influenze di grandi band come Depeche Mode e U2. Hai detto che per te fa idealmente parte di una trilogia, spiegaci l’evoluzione.
Vi ringrazio tantissimo! Mi piace molto dire la mia secondo diverse sfaccettature musicali ed è spesso e volentieri uno dei miei obiettivi primari. Questo EP è un oggetto in movimento tra generi e sentimenti, figlio di un processo creativo nato dal viaggio. Molte delle canzoni infatti sono state pensate in treno e in auto. Mentre il primo “The Need To Belong” parlava di una situazione di limbo, di ricerca di un senso di appartenenza e di uscire dal blocco delle mura domestiche, “The Night We Stole The Moonshine” parla dell’aver trovato finalmente quel senso di appartenenza, ma anche delle responsabilità che ne conseguono per mantenerlo. Per il terzo EP ho già qualche titolo in mente e probabilmente parlerà di quello che succede dopo essere usciti di casa e aver trovato quello che si stava cercando.
Questo progetto esce in collaborazione con la Street Mission Records di Londra. Come siete entrati in contatto?
È iniziato tutto su Twitter a seguito della pubblicazione dei miei primi due singoli. Dani di Street Mission li ha trovati e ascoltati e ha deciso di scrivermi. Lì per lì credevo si trattasse della tipica ‘truffa’ delle net label che chiedono soldi per distribuire quello che fai con la stessa scarsa capillarità che potresti raggiungere da solo e con un quarto della cifra, ma parlandoci ho scoperto che lavorava per PIAS (etichetta degli Editors tra gli altri) e la sua neonata creatura era proprio distribuita da loro. Ho detto subito sì ed ho trovato un amico a tutti gli effetti, ancor prima che una persona a mio pieno sostegno e promotrice del mio sviluppo artistico.
Parte del disco è stato registrato in North Carolina. Perché questa scelta? Lì hai conosciuto Mark Eckert?
Purtroppo negli States non ci sono ancora mai stato! Le registrazioni in North Carolina infatti riguardano parti strumentali realizzate dal producer dell’EP. Come il precedente “The Night To Belong” infatti, tutti i pezzi meno uno di “The Night We Stole The Moonshine” sono stati prodotti da Mark Eckert, giovanissimo producer di Charlotte con alle spalle diverse collaborazioni importanti. Con Mark ci siamo beccati per caso su Instagram, scoprendo una passione comune per il pop elettronico e per i suoni synth. Dopo avergli fatto ascoltare le mie idee, ha subito deciso di collaborare con me e siamo ormai una squadra da due anni. Nel dicembre dello scorso anno, con la mia etichetta abbiamo deciso di farlo volare qui a Milano dove in una settimana di lavoro intensissimo abbiamo ultimato il disco.
Il tuo ultimo singolo “Mourning The Ghost” è una resa dei conti con il passato. Cosa rimpiangi di non aver fatto e cosa di aver fatto?
Suonerebbe falso rispondere nulla, ma effettivamente per fortuna non ho grossi rimpianti. Magari tornando indietro avrei gestito diverse cose differentemente, avrei dato meno peso ad alcune, più peso ad altre, avrei cambiato qualche parola. Credo però sia abbastanza normale e comune a chiunque. “Mourning The Ghost” è una resa dei conti con il passato, parla sicuramente anche di rimpianti, ma non dei miei o almeno non direttamente. È più un guardare in faccia al passato e di riflesso imparare una lezione dagli errori degli altri. Credo sia una fortuna ed un vantaggio poter imparare da errori non direttamente tuoi, l’assunto finale della canzone è alla fin fine questo.
In molti ti chiederanno se non hai paura che cantare in inglese ti renda più difficile farti ascoltare nel mercato italiano. Volevamo sapere cosa ne pensi del potere che hanno le poche radio grosse in Italia e delle loro scelte artistiche.
Sicuramente qualche limite in Italia me lo sto auto-imponendo cantando in inglese, ma al momento non mi importa. È paradossale, lo so, ma l’inglese è la lingua nella quale mi viene più naturale scrivere e cantare. Per quanto riguarda le radio, anche se si tratta di una situazione talmente complessa da sprecare più di qualche riga, credo siano l’ultimo baluardo di un certo mainstream che comunque non ha più la rilevanza di qualche anno fa. Lo streaming e Spotify hanno cambiato tutto ed i riferimenti dei fruitori di musica sono riscontrabili lì più che da altre parti. Ne riparliamo tra qualche anno.
Stai progettando un tour?
In questi giorni annuncerò la prima infornata di date live, ne sto chiudendo altre e ci sono diverse apparizioni promozionali in arrivo nei prossimi mesi. Andrò in giro in trio, con Matilde e Francesco, rispettivamente tastiere ed aggeggi elettronici e batteria.
C’è uno Stato all’estero che vedresti particolarmente adatto alla tua musica?
A giudicare dai dati Spotify, pare che io abbia diversi ascoltatori in Inghilterra e Olanda. Sarebbe una figata fare un salto da quelle parti!