Voodoo Kid è la perfetta rappresentante di una generazione che gioca con la sua identità liquida e il proprio vissuto cupo e malinconico. L’abbiamo intervistata in occasione dell’uscita del suo nuovo singolo “Pandora”
La prima volta che abbiamo sentito parlare di Voodoo Kid è stato alla Milano Music Week dello scorso anno. Come è nato questo progetto? Voodoo Kid nasce dall’esigenza di esprimermi in totale libertà, non che prima non potessi farlo, ma quando si fa musica in un gruppo si è sempre vincolati, in un certo senso; Voodoo Kid parla di sé, da sé e per sé, e con il passare del tempo sta avendo la possibilità di conoscere ed incontrare realtà diverse con le quali collabora e cresce. A volte ne parlo in terza persona perché lo sento fortemente come il mio alter ego, il mio doppelgänger, il ragazzo dentro di me che non ha mai avuto la possibilità di esprimersi e farsi conoscere, ed ora finalmente può farlo.
Prima eri nella band Red Lines che si è esibita anche al Mi Ami nel 2018.
Prima, ed ora, continuiamo a sentirci ed a fare musica insieme, molti parlano di questo progetto al passato, ma non siamo morti. Anche quel progetto è nato dall’esigenza di esprimere qualcosa, essendo amici credo che non smetteremo mai di fare musica insieme, magari sotto altri nomi o in modi differenti, però io e Simone (metà dei Red Lines) ci siamo sempre capiti, credo non cesserà mai di esistere quell’entità. Parlandone al passato, penso che mi abbia aiutato a crescere, sia artisticamente che moralmente, abbiamo condiviso tanto, è bello tornare indietro e sentire quello che abbiamo fatto insieme.
Come mai avevi deciso di tornare da Londra, dopo aver frequentato l’University di Westminister?
Dopo la Westminster ho frequentato la Goldsmiths, dopo quel master ho deciso di tornare in Italia per vedere come si stava, che aria tirava, per pura curiosità, dunque, solo dopo ho iniziato a guardarmi attorno per creare una carriera ed un progetto solido.
A Londra ho frequentato ogni tipo di scena musicale, essendo che non mi piace mettere confini come “genere”, avevo conoscenze di ogni tipo, l’ultimo anno è stato piuttosto confusionario per me, per motivi personali, ma è stato anche quello dove ho conosciuto le persone più particolati e centrate dal punto di vista musicale. Magari venerdì andavo a sentire in progetto psych rock ed il sabato un altro hip hop, ho una mentalità molto aperta per quanto riguarda la musica ma sono al contempo selettiva, se una cosa non mi piace, non la seguo.
Raccontaci questi giorni di quarantena, sappiamo che abiti vicino ad un ospedale e all’inizio è stato difficile sentire tutte quelle ambulanze arrivare di continuo.
All’inizio e, purtroppo, ancora oggi. La situazione sta migliorando, ma dobbiamo continuare a comportarci come se fossimo in Fase 1, altrimenti da Fase 2 passiamo a Fase -40. Ciò che mi pesa di più forse è il non poter uscire, vedere le mie persone e fare musica con altri, questo mi manca e mi fa sentire “pesante”, in un certo senso. Sto cercando di fare musica a distanza, ma non è la stessa cosa.
Una sera sei uscita con “Distanti”, uno sfogo figlio di queste notti, una riflessione sull’amore oggi. Come è nato?
Anche questo è nato come tutti gli altri pezzi, dall’esigenza di esprimermi e sfogarmi. Ripeto spesso che è parziale il sentirsi meglio se ci si limita a scrivere e tenere le cose per sé, la vera guarigione consiste nella condivisione, e mi dà gioia e sollievo trovare in direct messaggi di persone che la stanno vivendo come me e che mi ringraziano per quello che scrivo e dico, io sono la prima a ringraziare loro per ascoltare.
Hai sentito la necessità di continuare ad esprimerti regalando musica. Quanto è importante la musica nella tua vita e perchè lo è? Quali sono i tuoi ascolti?
L’ho fatto e lo farò ancora, ad oggi l’arte in generale è l’unico modo che ho per esprimermi e sfogarmi, ma quello che mi fa sentire meglio tra tutti è la musica, ricopre un ruolo fondamentale nella mia vita, riesco a sentirla in tutto, anche nel silenzio, ed è un privilegio per me poter creare qualcosa che poi qualcuno ascolterà esattamente come io ascolto ciò che fanno altri artisti; si genera questa storta di passaparola e proprio l’altro giorno pensavo a che peso hanno le canzoni se qualcuno te le dedica o sono legate ad un momento specifico che abbiamo vissuto. Generalmente ascolto di tutto, se dobbiamo entrare nei miei ultimi ascolti troviamo (sempre) The Weeknd, l’album nuovo, Frank Ocean, Childish Gambino, l’album nuovo dei Tame Impala, di Dua Lipa, e canzoni ed artisti che le mie persone condividono con me. Credo che condividere musica sia un gesto molto intimo e ti espone tanto alla persona alla quale decidi di aprirti in questo modo, se vuoi farmi ascoltare una canzone che ti piace o che ha un certo significato io lo farò senz’altro, vuol dire molto per me.
Hai una scrittura che arriva dritta agli ascoltatori e riesce a coinvolgere con la sua ripetitività come un mantra. Perché hai deciso di uscire proprio con il singolo “Pandora”?
Mi fa piacere sentirlo dire, se penso che a volte mi trovo a pensare “sarà abbastanza quello che scrivo?” lo trovo molto confortante! Avevamo deciso di muoverci in un modo diverso mesi fa, ma con tutta la situazione attuale ho pensato fosse più indicato rilasciare un singolo come Pandora, che parla di speranza, in un certo senso, che in questo momento è la cosa della quale abbiamo più bisogno.
Vuoi dirci cosa pensi di quello che sta affrontato il mondo della musica e in generale dello spettacolo in questo periodo?
In generale siamo tutti in crisi, per quanto riguarda l’economia, e questo lo sanno tutti, ed ora le persone che prima credevano fosse solo un hobby riescono a capire come sia realmente un lavoro, ma quello che la gente che non fa questo mestiere non capisce è che (soprattutto noi artisti) stiamo vivendo un periodo di crisi anche interna; penso di parlare a nome di tutti, chi è più sensibile ed esposto risente molto di più dei cambiamenti, ed in questa categoria mi ci metto senza pensarci due volte. Le mie paranoie stanno crescendo, non mi sento abbastanza, non riesco più a creare come prima, la mia vita si è fermata ed io sono in una fase di vero e proprio blocco. Sto cercando di distrarmi, pensare ad altro, ma se la realtà mi viene sbattuta costantemente in faccia non posso trovare una via d’uscita, se non in quei momenti in cui parlo con qualche amico o si gioca o si vede qualche film a distanza.
Dove ti piacerebbe suonare live appena sarà di nuovo possibile?
Non importa dove, sul serio, allestisco anche io stessa un palco in mezzo al nulla, chiamo chiunque conosco ed improvviso un festival da zero, a costo zero ed emissioni zero, dobbiamo tornare a vivere.
Mecna ti ha scelta per il feat. corale di “NEVERLAND”. C’è un duetto che ti piacerebbe particolarmente fare?
Neverland è una canzone alla quale tengo molto, forse perché siamo in tanti sulla traccia (comprendo sempre anche producers e musicisti), forse perché è stata la mia prima vera conferma. Mi piacerebbe fare un altro pezzo con Corrado, mi sento molto in linea con lui dal punto di vista artistico, stimo molto Ghemon, il suo nuovo album ha delle sonorità pazzesche e lui scrive davvero bene, ma vorrei anche fare cose più “particolari” con artisti dai quali la gente non si aspetterebbe mai un feat con me.