La nostra intervista ai FLOAT A FLOW, in occasione dell’uscita del loro album “From Another Future” che potrete ascoltare alla fine della lettura 😉 Si parla della musica hip hop e dei suoi cambiamenti in questi anni.
Ciao ragazzi, raccontateci qualcosa di voi.
– Ci conosciamo ormai da sette o otto anni perché abbiamo frequentato la scuola nella stessa città e ci siamo incrociati più volte durante i concerti organizzati in occasione delle assemblee d’istituto e delle autogestioni. Gsq, beatmaker ed MC con un florido passato nelle dancehall salentine, è stato il collante tra di noi: due anni fa gli abbiamo fatto ascoltare alcune tracce registrate per un ep che avevamo in progetto e lui ci ha risposto “lasciate perdere tutti i progetti che avete. Il disco ve lo produco io!”. Così abbiamo ragionato su un nome per il collettivo che stavamo creando e volevamo qualcosa che suonasse alla “smiff-n-wessun”, perciò è venuto fuori Float a flow, perché sostanzialmente ci suonava bene.
Bologna è una città con una scena hip hop ancora in fermento?
-A Bologna ci sono decine di gruppi che spaccano! La cosa sorprendente è che se li senti rappare riconosci il marchio inconfondibile della città, nonostante le sonorità siano cambiate moltissimo dal periodo della Golden Age bolognese.
Andate ad ascoltare gli On The Move per esempio, oppure i proevolution joint e capirete cosa vogliamo dire.
Quali sono i vostri punti di riferimento della scena italiana? O guardate più quella internazionale?
– I punti di riferimento che abbiamo sono tanti, sia italiani che internazionali. Sarebbe impossibile elencarli tutti. Probabilmente, parlando di hip hop, la realtà che ultimamente ci appassiona artisticamente è la TDE, i cui membri, da Kendrick Lamar a Schoolboy Q, non hanno assolutamente bisogno di presentazione.
Dei Sangue Misto o dei Isola Posse All Stars, entrambi bolognesi, cosa ci dite?
– Siamo sicuramente legati a entrambi i gruppi, che poi sono uno lo sviluppo dell’altro. Quello che ci dispiace è non aver potuto assistere ai loro concerti, per ovvie ragioni d’età. Riguardo agli Isola Posse, su YouTube ci sono video di interi concerti risalenti ai primi anni ‘90. Sono sorprendenti! Una combinazione di hip hop e reggae davvero originale e all’avanguardia per i tempi.
Come avete deciso di fare un disco?
– Dopo il primo EP “Volumezero” ci siamo subito messi a lavoro perché sentivamo di dover esprimere molto altro e dopo più di un anno e mezzo di lavoro ce l’abbiamo fatta.
Torniamo a “From Another Future”, all’interno convivono stili molto diversi, come dire che il futuro del rap non sarà univoco?
– Il rap è sempre stato un mezzo espressivo fortemente influenzato dalle epoche musicali che ha attraversato dagli anni ‘70 ad ora. Addirittura in una stessa epoca possono convivere decine di stili e modi diversi di farlo. Diciamo che ci sembra un po’ sprecato fossilizzarci su un unico stile. Abbiamo moltissime influenze e ci piace farne un mix per scoprire se ciò che ne viene fuori può suonare originale!
Un paio di anni fa era uscito il vostro primo ep “Volumezero”, siete sempre gli stessi o ci sono stati dei cambiamenti?
– Siamo fisicamente gli stessi, qualcuno ha tagliato la barba, qualcuno si è fatto crescere i capelli… Ma i cambiamenti ci sono ogni settimana, se non ogni giorno. Probabilmente perché siamo molto attivi, scriviamo e produciamo quotidianamente. È l’unico modo per migliorarsi, una sorta di autoterapia!
Cosa significa essere un rap ora? Qual è la differenza per voi tra Fedez, Salmo e Fabri Fibra?
– Ognuno fa il suo ed è bene che lo possa fare liberamente e al meglio. Siamo solo convinti che il vero problema di ogni artista sia il suo pubblico! (Battuta haahha)
E’ appena uscito il nuovo disco di Guè Pequeno, lo avete sentito?
– Lo abbiamo sentito e abbiamo apprezzato! Guè è uno dei “capi”, se non lo si riconosce si è ipocriti! Tra l’altro il nostro album ed il suo album hanno in comune un elemento: la tromba di Gabriele Blandini!