Antonio Sarubbi è il fondatore di Maciste Dischi, etichetta discografica che produce musica bella e forzuta since 2014.
Lo abbiamo conosciuto quasi un annetto fa e ne siamo rimaste totalmente affascinate; carismatico, intellettualoide e un po’ pungente, ci racconta che cosa vuol dire essere dei piccoli grandi imprenditori all’interno del mercato discografico indipendente italiano.
Vai forte Anto.
Come è iniziato tutto?
Ho organizzato dall’età di 18 anni eventi e concerti in tutta Italia e sono stato frontman di un paio di band, collezionando una settantina di date sul palco ed un centinaio da organizzatore. Nel 2014 decisi di unire l’esperienza dei due campi e di istituzionalizzare le competenze che avevo acquisito, inventandomi un lavoro che ora ricopre la totalità del mio tempo e delle mie energie. Maciste Dischi è nata fin da subito come un lavoro a tutti gli effetti.
Quale è stato il primo artista che avete seguito?
Maciste Dischi è nata con e per i Jonny Blitz, band romana incontrata e conosciuta per caso a Viterbo, nel 2013. La loro freschezza, il loro appeal nottambulo e soprattutto le loro canzoni squisitamente italiane mi colpirono fin da subito e tutt’ora sono fiero di quella scelta.
Cosa avete reagito alla decisione presa da Sara Loreni ad X Factor?
La trasmissione è stata registrata a Luglio, mesi prima della messa in onda. Io ero in tour in Calabria e ricevetti la telefonata di una Sara Loreni scossa e confusa. L’impressione a caldo rimane la stessa dopo diversi mesi: “Cara Sara, non so se amarti o odiarti per quello che hai fatto, ma hai la mia stima”.
Avete portato Miele al Festival di Sanremo, che esperienza è stata?
Probabilmente l’esperienza più importate e formativa della mia vita professionale. Una settimana di Festival, vissuta da protagonisti indiscussi, credo equivalga ad almeno un paio d’anni di gavetta discografica. Un mondo complesso, contraddittorio e palpitante. Manuela (Miele) è stata fantastica e si è dimostrata un’esempio per tutti noi dello staff. Oltre che una grande artista per sarà sempre una persona speciale. Detto ciò, tornando a quei giorni assurdi, posso dirvi che non mi riconoscerò mai nel 80% degli addetti ai lavori incontrati e conosciuti sul posto. Ciò che mi ha sorpreso è che in ogni vip-room o camerino in cui sono stato, la musica sembrava un contorno trascurabile. Edizioni, pubblicità, endorsement…e le canzoni dove sono? mi chiedevo.
Sono perfettamente consapevole che manager e promoter debbano essere i fautori di una strategia commerciale ed economica – prima di tutto – ma se teniamo a mente che la musica nasce come “arte”, non credo sia normale o giustificabile che essa venga trattata poi come merce di scambio impersonale. Fortunatamente il restante 20% ha arricchito il mio bagaglio professionale e umano e rimarrò eternamente grato a quei giorni. Il Festival mi ha fornito in dono una gran bella corazza ed una nuova dose di consapevolezza. Alla fine si è trattato di un’esperienza molto positiva, che mi auguro di ripetere assai presto.
Addetti ai lavori, artisti, giornalisti. Con chi è più difficile dialogare?
Domanda impegnativa. La parola dialogo è fondamentale. In questa classifica sul podio troviamo senza dubbio alcuni manager degli artisti, pretenziosi, altezzosi e poco lucidi nelle richieste contrattuali, lontane dal periodo storico che la musica sta attraversando. Al contempo credo che un manager illuminato possa fare la differenza per la carriera di un artista.
Con le atre etichette indipendenti d’Italia c’è affinità e supporto o competizione?
Da ormai un anno tento di instaurare rapporti lavorati e professionali con quelle che sono a mio parere le poche etichette discografiche italiane che hanno dimostrato serietà e credibilità in questi ultimi due-tre anni. Ne conto una decina in tutto e mi ci metto prepotentemente anche io. Ad oggi non sono purtroppo riuscito ancora a collaborare con nessuna, perché i solari presupposti si sono persi dietro al solito turbinio di fretta, scadenze e rincorse. Sono in buonissimi rapporti con Matteo di Garrincha Dischi, con Davide di Bomba Dischi e con parecchi altri e mi auguro che per quest’anno si possano concretizzare alcuni lavori comuni. Ovviamente dipende da label a label, in ogni caso come Maciste Dischi credo di avere alcune affinità con il modus operandi di altre realtà; supporto ne ho tanto e sincero, ma verso pochi; competizione soltanto verso me stesso.
A che punto è la musica italiana oggi? Comanda l’Airplay?
La musica italiana è in un momento bellissimo, ma complicato. L’indipendente ha sempre meno paura e vergogna della parola pop, il mainstream osserva, spia, chiede aiuto e copia i cosiddetti indipendenti. Le differenze fra i due mondi (anche di guadagno!) si assottigliano e sono saltati tutti gli schemi. La crisi profondissima e drammatica che la musica mondiale, dal 2006-2007 in avanti, sta attraversando, porta con sé un vento di cambiamento e creatività senza precedenti. Rimarrà in piedi chi saprà guardare il mosaico da più lontano. L’Airplay rimane comunque importantissimo, ma come ovvio grazie al web ha perso la sua caratura di massimo esponente di diffusione musicale.
Il disco fisico ha ancora senso nel mercato musicale italiano?
Assolutamente sì, ma bisogna cambiare il punto di vista su di esso. Il disco fisico ha senso come “oggetto”, “feticcio”, “collezione”… spesso l’acquisto è la naturale conseguenza di un bel concerto, il supporto di altre band, il risultato di una campagna promozionale virale e vincente, la curiosità suscitata in seguito ad un bel video-clip. Per noi indipendenti una band che vende 1000 dischi l’anno vuol dire che funziona, se ne vendi 3000 in un anno sei sulla bocca di tutti, con 10000 significa che sei arrivato, ce l’hai fatta. Se ci pensate sono cifre irrisorie. Non conosco i numeri delle major, ma da quel che mi hanno detto non se la vedono per nulla bene…
All’estero la percezione è diversa?
Sono molto ignorante in materia, leggo articoli e interviste, si lamentano “anche lì”, ma ammetto che in termini di vendite fisiche o digitali non saprei davvero cosa rispondere.
Come scegliete una band da produrre?
Mi sto recando a piccoli passi vero il management puro, quindi questa domanda avrebbe potuto avere una risposta diversa, soltanto pochi mesi fa. In ogni caso, la scelta dipende da tanti fattori. La dimensione live, la scrittura di musica fruibile e accattivante, l’attitudine umana e lucidamente ostinata dell’artista sono caratteristiche fondamentali e non trascurabili.Che tipo di contratti proponete?
Ogni contratto è diverso. Esistono contratti di pura discografia (che pian piano andrò a eliminare), contratti di solo management ma sempre con marchio Maciste Dischi e poi i contratti che ritengo più vincenti in termini di strategia e piano di lavoro, su base biennale o triennale, che riguardano entrambe le cose, dove la discografia – intesa come stampa disco / distribuzione digitale e fisica / promozione – non è altro che il contorno solido di un lavoro manageriale serrato e costante, che fa poi la differenza in termini economici e di strategia vincente.
Il team di Maciste Dischi da chi è composto?
Purtroppo e per fortuna attualmente dal punto di vista manageriale e organizzativo Maciste Dischi è sinonimo della mia persona. Io scelgo, io decido, io vinco e io perdo. Sto disperatamente cercando un collaboratore fidato, under 35, capace di investire e rischiare e dotato di un bel naso da tartufo. Sarà dura ma non mi arrendo. Dal punto di vista esecutivo e legale, invece, Maciste Dischi è nata e continua a vivere grazie soprattutto a Roberto Gramegna, un giovanissimo cinquantenne, produttore milanese e proprietario del Real Sound Studio, persona senza la quale niente avrebbe potuto avvenire, ormai un anno e mezzo fa e che continua ad essere determinante negli aspetti burocratici e amministrativi della struttura. Esistono poi diversi produttori artistici con i quali mi confronto e con cui lavoro spesso. Ettore Ette Gilardoni è sicuramente uno dei più competenti e fidati. Maciste Dischi si configura quindi anche come famiglia, dove alcuni manager o booking-manager non possono essere considerati estranei alla causa, bensì parte del risultato. Ne cito in particolare tre: Andrea Rodini (Renzo Rubino, Miele, Mahmood), Luca Zannotti (Cecco e Cipo, Sara Loreni, Siberia, Violacida), Anastasio Karonis (Voina Hen). Senza di loro, Maciste Dischi sarebbe molto meno forzuta.